«Al posto del Tav, il governo metta in sicurezza il territorio»

Riceviamo da Legambiente Medicina un interessante contributo sul tema del dissesto idrogeologico del territorio.

“L’unica grande opera infrastrutturale della quale l’Italia ha bisogno non è il Tav o il ponte sullo Stretto, ma è un piano per la messa in sicurezza del territorio”. I due volti televisivi del pensiero ambientalista italiano, Mario Tozzi e Luca Mercalli parlano a una voce sola per commentare quanto accaduto in Liguria e Toscana, dove il maltempo ha messo in ginocchio le regioni provocando morti, dispersi e interi paesi evacuati.

Secondo i due esperti, sul banco degli imputati ci sono cinquant’anni di edilizia selvaggia, nessun piano serio per prevenire il dissesto idrogeologico né tantomeno uno straccio di programma per informare la popolazione sui rischi connessi a questo tipo di fenomeni. “Sono nato il 4 novembre del 1966, il giorno dell’alluvione di Firenze – dice Mercalli – Anche allora ci si fece trovare impreparati. Quarantacinque anni dopo non è cambiato niente. Si piange e si contano i morti quando piove e si fa finta di niente quando torna il sole”.

Negli ultimi 45 anni non solo non è andati avanti a cementificare il territorio come se niente fosse, ma il clima impazzito ha aggredito quei terreni resi negli anni fragili e impermeabili alle bordate d’acqua sempre più forti che piovono dal cielo. Un fenomeno che in molti paesi rappresenta una realtà con cui fare i conti, mentre in Italia viene derubricato a superstizione di qualche cassandra travestita da scienziato.

“La quantità d’acqua che prima cadeva in un mese, oggi cade in un’ora. E questo è uno dei principali effetti dell’innalzamento della temperatura terrestre, perché l’aria è più calda e l’energia termica che viene sprigionata è maggiore. E questo è un fatto, non un’opinione”, sostiene Tozzi.

Parole che dovrebbero fare fischiare le orecchie ai vari Marcello Dell’Utri, Adriana Poli Bortone, Antonio D’Alì e alla pattuglia di senatori della maggioranza protagonisti, poco più di un anno fa, di una serie di mozioni che negavano l’esistenza del cambiamento climatico come conseguenza dell’azione umana. Secondo loro, il climate change è figlio di non meglio precisati fenomeni astronomici e, nel caso esista realmente, porterà “maggiori benefici” che danni. Come gli scenari apocalittici descritti dagli scienziati dell’Ipcc, l’International panel on climate change delle Nazioni unite. Il loro corposo dossier, considerato dal centrodestra italiano come una iattura anti-sviluppista, valse agli esperti dell’Onu il premio Nobel per la Pace nel 2007.

“Eppure la tropicalizzazione del clima ci sta presentando il conto – sostiene Tozzi – A iniziare dalle flash flood (le bombe d’acqua, alluvioni istantanee, ndr) che sono figlie del clima che si surriscalda e si estremizza. Basti pensare alla Liguria dove nei giorni scorsi sono caduti metà dei centimetri d’acqua che in quel territorio cadono in un anno”.

Una posizione condivisa da Mercalli che ricorda quando durante una recente puntata di Che tempo che fa descriveva in diretta i contenuti del dossier sugli scenari climatici messo a punto dalla Svizzera: “Il governo elvetico ha messo in conto al primo punto gli eventi alluvionali intensi e improvvisi che sono scatenati dall’aumento della temperatura, da noi invece si fanno spallucce e scongiuri per poi dichiarare lo stato di calamità naturale”.

Infatti a differenza di Berna in Italia si preferisce costruire gigantesche opere infrastruturali, giudicate inutili dagli esperti e invise alle popolazioni locali, invece che mettere a punto un piano organico per fronteggiare il dissesto idrogeologico. Un settore che “a partire dal 2006 ha visto i fondi dimezzati, mentre si trovano, o si dice di trovare, i soldi per la Torino-Lione o per il ponte sullo Stretto di Messina”, fa notare Tozzi. “Ma la prevenzione – continua il geologo – non solo salva le vite umane – conviene anche dal punto di vista economico: per un euro speso oggi se ne risparmiano sette in futuro”. Al posto di faraonici ponti e gigantesche gallerie, secondo i due conduttori, bisognerebbe aprire mille piccoli cantieri che mettano in sicurezza colline, paesi e letti di fiumi. “Invece noi siamo il paese delle grandi opere che non vedranno mai la luce del sole, degli sciagurati piani casi, della cementificazione selvaggia e soprattutto dei condoni”, sottolinea amareggiato Tozzi.

A fianco della prevenzione l’altro grande assente dal dibattito è l’informazione, che “è morta” secondo Mercalli per lasciare il campo alla semplice emotività nel commentare emergenze e catastrofi. Il meteorologo cita il caso di New York, quando a fine agosto si è trovata a dover fronteggiare la tempesta Irene. Il piano di evacuazione e le informazioni date alla cittadinanza da parte dell’amministrazione Bloomberg hanno fatto sì che in città non si registrasse nessuna vittima. “Quello che sarebbe successo nel Levante ligure si sapeva con 48 ore di anticipo – attacca Mercalli – Se si fosse messo a punto un serio piano di educazione-informazione per i cittadini, come nella Grande Mela, magari non si sarebbero salvati gli edifici, ma di sicuro le vite umane”.

Tuttavia i due conduttori televisivi guardano al futuro con disillusione e quasi all’unisono dicono: “Dopo la tragedia tornerà il sole e anche questa volta ci si dimenticherà di tutto”. In attesa della prossima alluvione o frana accompagnata dalla solita litania giustificatoria. “Che suonerà ancora più grottesca perché eventi di questa portata non sono più né eccezionali né tantomeno imprevedibili”.

(27 ottobre 2011)

Mario Tozzi e Luca Mercalli

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