MOTO, VITA, MINIMOTO E BAMBINI By MARIO ZACCHERINI

La recente scomparsa del pilota svizzero Jason Dupasquier ha riaperto il mai sopito dibattito sulla pericolosità delle gare motociclistiche.
Nella nostra società, almeno da una parte di essa, lo sprezzo del pericolo è considerato un atteggiamento eroico, quasi che i piloti sostituiscano gli antichi eroi della Grecia classica.
Una cultura che si esalta al sol pensiero di dover affrontare delle “curve cieche“, ovvero curve che ti impediscono di vedere eventuali ostacoli in pista. Mugello e Imola comprendono curve cieche che “riempiono di adrenalina” i piloti. Un pò come gettarsi da un aereo con uno zaino sulle spalle senza sapere se contiene un paracadute o dei prosciutti…..poi lo vieni a sapere.
Per chiarezza non sono contro il motociclismo e nemmeno contro le piste, ma è del tutto evidente che, mentre gli impianti rimangono sostanzialmente immutabili, la tecnologia produce continuamente innovazione.
Non sono le piste ad essere pericolose (in linea generale), ma i mezzi che si evolvono continuamente.
L’esempio classico è Imola: per anni Università del motosport, ma oggi non utilizzabile dalla MotoGp e rifiutata dai piloti della SB in caso di pioggia.
In ogni caso, pericolo o non pericolo, se una persona ama la velocità è giusto che abbia la possibilità di sfogarsi in pista.

Il mio pensiero cambia quando la società cerca di produrre bisogni artificiali ai bambini.
Le nuove generazioni vengono tutelate: non possono comprare sigarette, alcolici e, in linea generale, tutti i beni che possono produrre danni.
Però, ha dell’incredibile, possono salire su una minimoto e partecipare a campionati…….
Capisco che esista un mercato, interessi, danaro, ma la tutela verso i bambini dovrebbe essere l’unica linea guida da perseguire.
Una volta i bambini, parlo di Imola, venivano tutelati mediante corsi di educazione stradale (eravamo i migliori in Regione) sull’utilizzo della bicicletta. Oggi, già a sei anni (sei anni!!!!!!) possono essere indirizzati, senza incontrare ostacoli da parte del Comune di Imola, verso un bisogno indotto.

il bambino non ha il senso del pericolo e più facilmente, rispetto ad una persona matura, va incontro a gestioni rischiose del mezzo.
Gli effetti sono devastanti: solo negli ultimi anni sono morti sette bambini tra i sei ed i dodici anni. I feriti, anche gravi, sono molti di più.
Sarebbe straziante elencare i nomi dei piccoli deceduti, ma per rispetto al mio amico Sergio Ultimini Serotti allego un link su un caso alessio-il-piccolo-campione-che-ha-perso-la-vita-1.34607358


Spesso, da quello che si legge, sono gli stessi genitori a stimolare questi bisogni, quando, per natura, il bambino sarebbe maggiormente attratto dalla natura. Ancor più spesso si legge di genitori che a bordo pista incitano i figli ad andare più forte…… Tornando all’antica Grecia sembra il ripetersi delle vicende di Kronos…..

Diamo tempo ai bambini di diventare adolescenti e poi, compiuti i 14 anni, se appassionati lasciamoli gareggiare, ma prima diamo loro il tempo di crescere. E le Amministrazioni si impegnino a dar loro questo tempo…

Ps

Abbiamo minimoto da strada e da cross. I mezzi che cito non sono da confondere con quelli giocattolo.

Mario Zaccherini


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